Il mondo (post COVID) che vorrei

Maggio 2021, il confinamento è finito da tempo, e siamo tutti tornati alla vita, possiamo abbracciarci, fare una passeggiata senza ragione, berci un calice di vino in un bar sul mare. Ma qualcosa è cambiato.

Ci guardiamo di più negli occhi, ci stringiamo la mano e capiamo la portata di questo gesto. Quando camminiamo per strada e incrociamo lo sguardo di un vicino o di una persona che vive nel nostro quartiere ci scambiamo un cenno di saluto e un sorriso. Sappiamo in quale casa abita un anziano solo e a turno passiamo di li, chiediamo se tutto va bene e se ha bisogno di un po’ di spesa o di medicinali.

Abbiamo imparato quanto sia importante supportare i commercianti locali. Compriamo il latte con il vecchio metodo del vuoto a rendere e compriamo le mozzarelle dal caseificio perchè nel weekend vogliamo fare i panzerotti in casa e invitare tutti gli amici. Abbiamo riscoperto il valore del cibo buono, che ci mantiene in salute e in forma, e che ci dà l’occasione di fare pasticci con i più piccoli e insegnare loro le nostre meravigliose tradizioni.

Facciamo la spesa al mercato locale, acquistando frutta e verdura di stagione in grande quantità. Perchè si, anche la nostra dieta è cambiata. La carne e il pesce li mangiamo ancora, ma solo una volta a settimana ed è come un piccolo evento speciale, dedichiamo del tempo a prepararla in maniera gustosa invece di buttare in padella il petto di pollo perchè non c’è altro in frigo.

Anche il nostro modo di vestirci è un po’ diverso. Il covid ci ha fatto capire che se un negozio di una grande catena resta chiuso per un lungo periodo, non accade quasi nulla, ma se un piccolo negozio che si impegna a offrire prodotti di qualità o artigianato riesce a riaprire è un miracolo. E allora decidiamo che non ci serve l’ennesima maglietta o un altro paio di scarpe a buon mercato ma che vogliamo andare da quel calzolaio vicino casa, che salutiamo tutte le mattine quando andiamo a lavoro e che è lì da trent’anni e vogliamo un paio di scarpe fatte da lui. Perchè si, le pagheremo di più, ma se tutto va bene, quando fra tanto tempo si remperanno potremo tornare da lui e dire “Me le aggiusti?”.

Abbiamo cambiato anche il nostro modo di spostarci, perchè quanto era bello non guidare? Non trovarci mai nel traffico? Il confinamento ci ha fatto capire che appena ne abbiamo la possibilità vogliamo camminare e usare le bici. La città è più libera, chi ci viene in macchina perchè non può fare altrimenti, trova subito parcheggio e sta attento a tutti questi ciclisti con scarpe eleganti e giacca che vanno a lavoro.

E infine abbiamo imparato una cosa importante, forse la più importante di tutte. Abbiamo bisgno dell’aria, abbiamo bisogno di stare all’aperto, di stare a contatto con la natura, di camminare nel verde, di fare sport sulla riva di un fiume, di respirare l’aria marina ricca di iodio. Questo ci ha fatto capire quanto sia importante preservare la natura, ci ha resi più rispettosi e più attenti, e così se oggi vediamo qualcuno buttare un rifiuto per terra o inquinare le nostre acque ci indignamo sul serio, lo rimproveriamo, protestiamo e facciamo del nostro meglio affinchè ciò non ricapiti.

Perchè la morale della storia è che isolarci in casa perchè la natura si ribella non ci piace affatto.

3 documentari e 3 TEDtalk per sapere tutto sulla sostenibilità

Amici, siete stressati perchè dovete rimanare chiusi in casa? Avete già finito tutte le serie possibili e immaginabili su Netflix e non sapete cosa guardare? All around Carla viene a soccorrervi! Ecco una lista nella quale trovate 3 magnifici documentari che trattano il tema della plastica da punti di vista differenti e tutti presenti su Netflix e Youtube e in più 3 TEDtalk.

Ormai tutti i miei follower sanno che la mia prima fonte di informazione sono sempre le Ted Talk, prima di tutto perchè gli speaker sono selezionati e poi perchè sono brevi ma incisive. No ho inserite due che hanno contribuito a convincermi a intraprendere un percorso zerowaste e una su una bellissima innovazione.

Sono convinta che quando ci si avvicina per la prima volta al concetto di vita senza plastica il primo passo è informarsi! Come sempre però internet ci propone una miriade di contenuti su qualsiasi tematica, quindi come orientarsi ? Cosa leggere ? Cosa guardare ?

Quindi ecco la mia personalissima lista, bando alle ciance e cominciamo:

A plastic ocean

durata: 1h40 (Netflix)

Questo è senza ombra di dubbio il più potente documentario sul tema della plastica che io abbia mai visto. Approccia il problema da tanti punti di vista, quello dell’inquinamento delle acque, le ripercussioni sugli animali, ma anche sulla vita di determinate popolazioni. E’ un documentario meraviglioso che consiglio davvero a tutti.

Broken : stagione 1 episodio 4

(Netflix)

Questo episodio tratta il tema complesso del reciclaggio e ci aiuta a comprendere quale sia il percorso della plastica che tanto diligentemente separiamo dal resto dei rifiuti. L’episodio si apre con delle immagini della Malesia, che dopo la Cina ha cominciato a farsi carico di tutti i rifiuti “in attesa di essere reciclati” del mondo. Se avete girato un po’ in questo blog sapete che la Malesia è uno dei miei luoghi del cuore, quindi inevitabilmente mi ha toccato molto da vicino.

No impact man

Colin Beavan è uno scrittore che si è reso protagonista di un folle esperimento, per un anno lui e la sua famiglia hanno vissuto una vita ad impatto zero, niente mezzi di trasporto, niente supermercato, perfino niente elettricità. Purtroppo il film non è più gratuito su youtube, io te lo consiglio comunque e per incuriosirti ti lascio, inodivina un po’, la sua TEDtalk.

Passiamo ora alle TEDtalk:

Bea Johnson è la fondatrice del movimento “zerowaste”, il blog nel quale racconta le esperienze della sua famiglia propone moltissimi consigli. In questo discorso condivide il significato delle cinque R: rifiuta, riduri, riusa, ricicla, composta (in inglese rot)

Lauren Singer (in questo video la vedete giovanissima) è la fondatrice di “Package Free” uno dei primi negozi a proporre prodotti senza packaging e adatti ad uno stile di vita zero rifiuti

Topher White : questa è una talk che mi ha colpita particolarmente, è la storia di un giovane ingegnere che inventa un metodo semplice ed efficace per evitare la deforestazione illegale usando cellulari usati.

Se mi segui su instagram, tra i miei IGTV trovi la #RubricaTEDtalk nella quale commento le mie conferenze preferite sui temi ambientali.

Se non mi segui, ti aspetto su @all.around.carla

Hai altre conferenze o documentari interessanti da sagnalare? Lascia un commento!

La coppetta mestruale ti cambierà la vita!

Lo so, lo so, sei piena di dubbi! Ho un flusso abbondante, non è che perde? Come faccio per sterilizzarla? Sarà igienica? Posso usarla anche quando dormo? Ebbene in questo articolo risponderò ad alcune delle domande più comuni e inoltre ti spiego perchè la coppetta è stata una rivoluzione assoluta per me e perchè la consiglio a tutte le mie amiche!

Il primissimo motivo per cui dovresti sceglierla è che la coppetta ti permette di risparmiare sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista dei rifiuti che produci ogni anno. Lo sapevi infatti che una ragazza nel corso della sua vita spende circa 3000 euro solo in assorbenti? Inoltre in un anno cestiniamo in media 180 assorbenti in un anno! Praticamente una montagna, e tutti questi finiscono in discarica.

Inoltre lo sapevi che la maggior parte degli assorbenti hanno componenti plastiche e, specialmente nel caso dei tamponi interni, possono rilasciare fibre e residui all’interno del nostro corpo che si rivelano tossici e possono causare infezioni.

Insomma sembra che ci siano solo vantaggi nello scegliere la coppetta: innanzitutto il costo di una coppetta si aggira in media attorno ai 20/25 euro e può durare fino a 10 anni. Inoltre il materiale: le coppette sono tutte fatte in silicone, un materiale che non rilascia alcun residuo nel nostro corpo e che è facile da sterilizzare.

Ma allora perchè tante donne non hanno ancora fatto questo passo? L’ho chiesto sulla mia pagina instagram @all.around.carla e queste sono state le perplessità più comuni.

  • PAURA DI POSSIBILI PERDITE: il timore che la coppetta possa perdere è del tutto infondato. Quasi tutte le marche propongono 3 diverse misure di coppetta: S, M, L. La scelta va effettuata in base all’età, a eventuali gravidanze passate, e al flusso più o meno abbondante. Infatti la coppetta una volta inserita aderisce completamente alle pareti uterine, quindi se si è scelta la misura giusta (solitamente S se si è giovani e senza gravidanze pregresse, M se si è giovani e con flusso abbondante, L se si hanno avuto gravidanze) non c’è da avere timore. Ogni azienda ha misure leggermente diverse, ma di solito tutti i siti prevedono una guida con delle domande per guidare la cliente nella scelta della misura più adatta a lei.
  • PAURA CHE NON SIA IGIENICA: al contrario di quello che si crede la coppetta è molto più igienica dell’assorbente, infatti trattenendo il sangue all’interno evita la proliferazione di microbi che si crea invece all’interno dell’assorbente e come abbiamo già detto non rilascia alcun residuo. All’inizio e alla fine di ogni ciclo deve essere sterilizzata semplicemente bollendola in un pentolino apposito (il mio consiglio è di comprarne uno da tenere in bagno e utilizzare solo per questo).
  • PAURA DI NON RIUSCIRE AD INSERIRLA: il silicone di cui è composta rende la coppetta estramamente flessibile, quindi quando si va ad inserirla la sua dimensione non supera quella di un normale tampone interno. Potresti avere difficoltà e sentirti un po’ strana la prima volta che la utilizzi, ma già del secondo giorno ti sembrerà di non averla.
  • PAURA DI AVERE DIFFICOLTA’ QUANDO SI E’ A SCUOLA O A LAVORO: puoi tenere la coppetta tranquillamente fino a 8/10 ore (dipende dal flusso) senza svuotarla, aspettando quindi di rientrare a casa e poterlo fare comodamente. Se proprio dovessi avere necessità di farlo fuori casa, basta portare con te una bottiglietta d’acqua per sciaquarla e rimetterla subito.

Da quando ho cominciato ad usarla non tornerei mai indietro, un ulteriore vantaggio che per me la rendono insostituibile è il fatto di poter svolgere qualsiasi attività fisica (compreso il nuoto) in tutta sicurezza quando la indosso. Cosa si può chiedere di meglio?

Qui sotto ti lascio un video di Wildflowermood in cui ne parla in modo completo (min 5:00) mostrando anche i diversi modi per piegarla prima di inserirla.

Se hai altre domande puoi farmele in qualsiasi momento lasciando un commento sotto questo post o contattandomi sui social.

A presto!

Consigli per una Pasqua sostenibile

Negli ultimi decenni le vacanze sono diventate una scusa per un consumismo decisamente eccessivo. Lo sperimentiamo a Natale, a San Valentino, perfino ad Halloween, e purtroppo la Pasqua non fa eccezione. La tradizione impone che ci sia uno scambio di uova, rigorosamente con incarti in plastica e coniglietti di cioccolato con dentro sorprese inutili. In tv inoltre vengono pubblicizzate uova (o casse ?) di plastica piene di giocattoli dello stesso materiale. Insomma un vero incubo per chi cerca di vivere in maniera sostenibile.

Ma allora come si può sfuggire alla produzione eccessiva di rifiuti senza però rinunciare ai festeggiamenti ? E’ un po’ difficile ma si può fare, ecco come:

  1. No alla decorazione delle uova animali: purtroppo questa è una delle attività da bandire nel modo più assoluto. Infatti, vista la filiera di produzione delle uova che spesso include animali maltrattati, uccisione di pulcini maschi e utilizzo di antibiotici, acquistarne un pacco con il solo scopo di utilizzarle come decorazione non è affatto ecosostenibile.
  1. Crea il tuo uovo di cioccolato: in questi periodi alcune pasticcerie o negozi specializzati propongono dei workshop in cui guidano i partecipanti nella creazione del proprio uovo. Può essere una bella esperienza da fare con gli amici, in coppia e anche con i bambini. Il cioccolato sarà di buona qualità e in più ci sarà la soddisfazione di averlo fatto da soli
  1. Crea il tuo uovo a casa: questo necessita di una preparazione maggiore e di molta pazienza per  pulire dopo aver terminato, ma esistono degli stampi appositi per creare il proprio uovo e una volta acquistati l’espierienza si può riproporre ogni anno! Io non ci ho ancora mai provato però ti lascio di seguito un link per aquistare uno di questi stampi da amazon (solitamente preferisco non suggerire acquisti su amazon, però in questo caso mi sembra il male minore) https://amzn.to/2UrVnCv
  1. Cerca una pasticceria che confenzioni le uova di cioccolato con del tessuto, non è impossibile come sembra, e attenzione al supporto dell’uovo: anche quello è sempre in plastica
  1. Realizza dei cioccolatini e confenzionali in una scatola creando un coniglio con del tessuto! Ecco un link per ricette di cioccolatini con o senza stampi: https://www.galbani.it/abcucina/come-fare/come-cucinare-i-dolci/come-fare-i-cioccolatini e poi il link per realizzare in modo semplice un adorabile coniglietto di tessuto: https://www.youtube.com/watch?v=bQ-ltM7iKfw

Nel caso tu scelga di realizzare ricette che prevedono l’utilizzo di cioccolato, ti consiglio di acquistare sempre cioccolato che sia prodotto in maniera etica, scegliendo per esempio un marchio Fair Trade.

P.S. Ovviamente in tempo di Coronavirus non sarà possibile fare dei workshop guidati per realizzare uova di cioccolato, ma stando tutti confinati a casa, quale occasione migliore per sperimentare con cioccolatini e stampi di uova?

Fatemi sapere se proverete qualcuna di queste proposte per rendere la vostra una Pasqua sostenibile!

A presto!

Il pianeta blu

Cosa sai dell’acqua, dei fiumi, dei mari e degli oceani?
Sai che la vita esiste soprattutto grazie all’acqua e il suo ciclo?


Costituendo più del 70% della superficie del nostro pianeta, l’acqua, nelle sue diverse forme (solida, liquida, gassosa) permette la vita e identifica i vari biomi come foreste tropicali, savane e tundre. Ma c’è di più; senza questa quantità di acqua, parlando soprattutto degli oceani, non ci sarebbero le stagioni e tantomeno tutta l’aria con l’ossigeno che respiriamo.

Hai capito bene, non sono solo gli alberi – poveri anche loro che lottano una battaglia senza tregua – a contribuire all’ossigeno per noi fondamentale, ma anche il fitoplancton degli oceani. Infatti, sia gli alberi che il fitoplancton (immaginate delle alghe microscopiche) producono ossigeno, circa metà ciascuno.

Gli oceani possono essere definiti il “polmone blu” grazie alla fotosintesi clorofilliana svolta dai moltissimi microrganismi che vivono nelle acque superficiali raggiunte dalla luce del Sole (ingrediente fondamentale per il processo fotosintetico).
Immagina che, quando il polmone verde – rappresentato in primis dalla foresta amazzonica – respira e produce ossigeno, gli oceani rispondono a loro volta.

Tornando ai sopracitati biomi e alle stagioni, poche persone realizzano che è proprio grazie a queste grandi masse di acqua che abbiamo temperature diverse tutto l’anno, ma che comunque ci permettono di vivere (salvo ambienti estremi).

Gli oceani subiscono molto l’effetto dei cambiamenti climatici e il famoso “effetto serra”. Di fatto, la superficie oceanica è come una spugna che assorbe gran parte del calore dei raggi solari ed atmosferico e lentamente lo ridistribuisce attraverso le correnti marine e i venti atmosferici. Quando però questo calore risulta eccessivo in un lasso di tempo piccolo, come negli ultimi decenni a causa delle attività antropiche, ecco allora che avviene il surriscaldamento. Le acque registrano un aumento di temperatura di qualche grado centigrado, sufficiente ad impedire il regolare funzionamento degli ecosistemi. Pensate a noi esseri umani quando sentiamo di avere la febbre, ci bastano appena 2 gradi in più per stare molto male. Per gli oceani è lo stesso, solo che loro hanno tempi di recupero diversi dai nostri e non ricorrono ai medicinali.

Inoltre, nell’acqua vi è una biodiversità inestimabile piena di colori e curiosità, in parte ancora sconosciuta. Questa bellezza è in grave pericolo a causa dell’inquinamento antropico che non si cura dello stato delle acque dal momento che l’uomo vive sulla terraferma e ritiene gli oceani abbastanza grandi da minimizzare questo impatto, o addirittura nasconderlo.

L’acqua e il suo scorrere non si possono fermare, solo limitare. Se pensi che le spiagge ricoperte di plastica o di altre cose non naturali non ti riguardino… ti sbagli di grosso! Sono in parte merito tuo; sarebbe meglio dire colpa. Una ciabatta dimenticata a riva può percorrere migliaia di km e finire in una spiaggia lontanissima. Che sarà mai una ciabatta dici tu. Immagina altrettante mila ciabatte insieme ad altri oggetti di plastica, minuscoli e\o voluminosi: vengono trascinati per tutto il globo e spesso divengono un’arma mortale per gli abitanti dei mari.

Le reti dei pescatori intrappolano tartarughe e altri pesci non sfruttati per la pesca che muoiono nel loro stesso ambiente. Nonostante siano esseri acquatici, quando si ritrovano imprigionati non riescono a nutrirsi e muoversi,  a volte si feriscono cercando di liberarsi, altre volte rimangono in zone povere di ossigeno o inquinate, iniziano a stressarsi e muoiono. Oppure buste di plastica scambiate per meduse che finiscono per essere mangiate ma mai digerite. Nemmeno tu digeriresti della plastica, ammettilo.

L’inizio di questi orrori parte anche dai corsi di acqua dolce: industrie, fabbriche, abitazioni che rilasciano nell’acqua scarti, rifiuti, e vanno a confluire nelle fogne. Capita anche che ci siano rifiuti liquidi e quindi meno visibili ai nostri occhi ma altrettanto letali perché di natura chimica. Ti basti pensare al dentifricio e agli shampoo che vanno giù per lo scarico, come i detersivi: sono spesso sintetici e difficili da degradare. Molti paesi utilizzano dei filtri particolari prima di rilasciare queste acque nei vari corsi idrici, ma chi non può permetterselo non lo fa. E ciò comporta un ulteriore inquinamento delle acque.

Parecchi conoscono l’effetto farfalla. Noi siamo molto più grandi di una farfalla. Pensa che effetto possiamo avere sul mondo.

La lista continuerebbe ancora per molto ma mi fermo e ti dico cosa si potrebbe fare nel piccolo per diminuire questo impatto.

  • Scegli prodotti più naturali, ce ne sono molti in commercio e anche più efficaci dei sintetici. Non pensare che il loro prezzo sia così maggiore: basta meno quantità e il risultato non cambia. A volte è migliore e il tuo corpo ne trae beneficio.
  • Ricicla indumenti e calzature più che puoi. Se proprio vuoi liberartene c’è chi ne ha bisogno. Oppure reinventali.
  • Fai la raccolta differenziata e limita l’uso di monoplastica. Prediligi l’acquisto di prodotti sfusi o confezionati in modo sostenibile.

Se già agisci in questi termini ti faccio i miei complimenti. Allora la prossima sfida che ti lancio è suggerire queste chicche a tutte le persone che conosci.

Think globally. Act locally.

(Marta Mazzetto)


Marta Mazzetto

Sono Marta, una neolaureata in biologia marina e che naturalmente nutre un grande amore e rispetto per il mare. Da sempre appassionata di ambiente e natura cerco di rendere il tutto parte della mia quotidianità attraverso attività, studio e scambio di informazioni/idee.

Shampoo solido: tutto quello che hai sempre voluto sapere!

Uno dei modi più efficaci per ridurre lo spreco di plastica in bagno: passare allo shampoo solido! Inizialmente avevo le mie perplessità: i miei capelli risulteranno puliti? Dovrò lavarli più spesso? Il primo che ho provato è stato di Lush, avevo letto pareri contrastanti e devo dire che non mi è affatto piaciuto. L’odore era troppo intenso, usando la quantità suggerita i miei capelli non risultavano puliti e usandone di più la cute mi prudeva. L’ho abbandonato quasi subito e ho lasciato perdere l’idea.

Un anno fa ho riprovato, scegliendo questa volta lo shampoo di Lamazuna e mi sono innamorata. In un anno ne ho utilizzati solo 3 per un costo totale di 30 euro.

Ecco cosa secondo me è importante sapere prima di fare questo cambiamento:

  1. Datti tempo per trovare quello giusto e per abituarti. La transizione è molto facile se utilizzi dei prodotti naturali, ma potrebbe essere necessario più tempo se la tua cute è abituata a prodotti più chimici. Io utilizzavo shampoo e balsamo di OMIA, dei prodotti che adoravo, completamente naturali ma purtroppo con packaging plastico. La differenza principale tra un prodotto chimico e uno naturale, a livello di percezione durante il lavaggio, sta soprattutto nella quantità di schiuma prodotta, il che mi porta al prossimo punto.
  2. Non spaventarti se non vedi molta schiuma, è importante che i capelli siano completamente bagnati quando ci passi lo shampoo. Ci vuole un po’ di tempo per trovare la tecnica giusta e inizialmente tenderai ad usarne più del necessario. Quello che faccio io è strofinare bene l’attaccatura dei capelli (fronte e verso le orecchie) e poi, una volta a testa in giù strofinare il resto della cute.
  3. Dopo aver stronifato è utile passare un paio di minuti a massaggiare bene i capelli, stronifare ancora se ci sono dei punti che abbiamo mancato e poi risciaquare abbondantemente.

Non preoccuparti se le prime volte ne utilizzi troppo o se pensi sia necessario fare due passate. Una volta presa l’abitudine e acquisita la tua tecnica non vorrai più lasciarlo andare. Inoltre ti dico un segreto! Prima di passare a prodotti naturali lavalo i capelli un giorno si e uno no, adesso li lavo ogni quattro giorni, perchè al terzo giorno sono ancora perfetti!

Insomma fai questo swap, riduci la plastica del tuo bagno e goditi dei capelli perfetti! Se hai qualsiasi dubbio, lascia un commento, sarò felice di risponderti!

Cos’è il greenwashing ?

Cominciamo con una definizione : “Greenwashing è un neologismo indicante la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.” (Wikipedia)

Al giorno d’oggi i consumatori sono sempre più attenti all’ambiente e capita molto spesso che le aziende vogliano sfruttare questa crescente coscienza ambientale per vendere dei prodotti che possano essere considerati “green”. Purtroppo molte persone non vanno oltre l’etichetta, si fidano del marchio e acquistano questi prodotti, magari anche ad un prezzo più alto del normale, perchè questo li fa sentire a posto con la loro coscienza.

La sostenibilità però è un argomento molto complesso. Un prodotto può essere fatto con materiali del tutto naturali ma essere stato confezionato da lavoratori sottopagati. Oppure può essere stato fatto in Italia, da un’azienda che rispetta i lavoratori, ma essere fatto con materiali tossici che vengono rilasciati nell’ambiente. Può essere un prodotto per il corpo pieno di petrolati, ma venduto privo di packaging plastico.

Proprio a causa di tutte queste variabili è difficile essere certi che un’azienda stia facendo davvero una operazione di greenwashing, e bisogna evitare di formulare accuse senza essere certi di ciò che si dice. Infatti se pensiamo alle operazioni di marketing in generale, è normale che di un prodotto, qualunque esso sia, vengano enfatizzati gli aspetti positivi, come la sua efficacia o la ricerca di materiali naturali o la produzione locale.

Il marketing, però, può essere ingannevole o parziale e per questo sta al consumatore saper discernere quali prodotti siano davvero sostenibili e quali non lo sono affatto o solo in parte.

Se dovessi dire cosa rende un prodotto davvero sostenibile direi che quando acquisto qualsiasi cosa mi pongo diverse domande:

  • Da dove proviene il prodotto?
  • Quali sono le condizioni di vita dei lavoratori che lo hanno confezionato?
  • Quanta strada ha percorso per arrivare su questo scaffale?
  • Di che materiale è fatto?
  • Contiene componenti tossiche o inquinanti?
  • Potrò usarlo per molto tempo?
  • Potrò disfarmene senza arrecare un danno all’imbiente?

Tutti questi aspetti, secondo me, concorrono a definire un prodotto sostenibile quindi quando vediamo un prodotto venduto come “green” / “ecosostenibile” / “conscious” / “biologico” non fermiamoci alla semplice etichetta. Cerchiamo di porci tutte queste domande e di avere uno sguardo critico perchè essere consumatori attenti significa pretendere standard più alti per ogni prodotto.

Ti è mai capitato di essere vittima di greenwashing? O di sentirti truffat* perchè un prodotto che ritenevi sostenibile si è rivelato tutt’altro che green?

Per approfondire questa tematica di consiglio due articoli:

https://www.theguardian.com/sustainable-business/2016/aug/20/greenwashing-environmentalism-lies-companies

https://www.researchgate.net/publication/305438010_A_Critical_Analysis_of_Greenwashing_Claims

Come vivere senza rifiuti e risparmiare

Spesso quando parlo di stile di vita ecosostenibile e zerowaste mi viene detto che si tratta di uno stile di vita costoso e che pochi possono davvero permettersi. In parte questa convinzione è dovuta al fatto che quando si parla di sostenibilità si faccia riferimento al cibo biologico, a prodotti cosmetici naturali e a marche di abbigliamento con prezzi sopra la media. Ma non deve essere necessariamente così e in questo articolo ti spiego come ridurre il tuo impatto ambientale senza fare del male al portafogli.

Il cibo

Il primo consiglio che posso darti rispetto alla spesa è quello di programmare il cibo che mangerai all’inizio di ogni settimana e fare la spesa di conseguenza. Quante volte ti ritrovi, infatti, a lavoro o in università senza niente di pronto per la pausa pranzo?

Ma sì infondo cosa sono 5 euro per un panino? Anche se ti capita solo un paio di volte alla settimana, prestando attenzione a questo aspetto puoi risparmiare fino a 45 euro al mese! Inoltre ovunque vai dovresti avere sempre con te la tua borraccia, risparmi plastica e almeno 2 euro al giorno, sprecati in bottigliette (se lavori cinque giorni a settimana sono almeno 40 euro risparmiati).

Infine cerca di integrare nella tua dieta più verdure possibili, ti fanno bene, sono più economiche di carne e pesce, e in più è facile trovarle nei mercati rionali: potrai acquistarle sfuse e a prezzi minori rispetto al supermercato.

Cura del corpo

Anche questo è un punto importante: i prodotti zerowaste e naturali costano di più rispetto a quelli più comuni. Spesso è vero, ma quando si intraprende un percorso per ridurre il proprio impatto ambientale si impara a semplificare. Prima avevo un armadietto pienissimo di prodotti, da creme di ogni tipo a 3 struccanti diversi a trucchi di ogni colore.

Adesso utilizzo pochissimi prodotti: olio di cocco come struccante, maschera per i capelli e scrub (insieme ai fondi di caffè) e occasionalmente idratante per il corpo; sapone di marsiglia, un blocco da 300 grammi costa circa 4 euro, lo uso per la doccia, per lavarmi il viso e le mani e anche per pretrattare i vestiti; shampoo e balsamo solido, costa 9 euro e dura più o meno tre mesi, prima di passare a un prodotto naturale lavavo i capelli un giorno si e l’altro no, ora restano puliti molto più a lungo; bicarbonato come deodorante, funziona che è una meraviglia. Inoltre ho anche ridotto di molto il quantitativo di trucchi, ho solo un mascara, una matita nera, un rossetto nude e uno rosso.

Infine utilizzo la coppetta, quindi non acquisto assorbenti, uso un pad lavabile per struccarmi quindi non acquisto dischetti e mi depilo quasi completamente con il silk epil risparmiando un sacco di soldi di ceretta. Insomma è vero che alcuni prodotti costano di più ma grazie a questo stile di vita risparmio su moltissime altre cose!

Abbigliamento

Certo, all’inizio pensare di dover rinunciare del tutto a Zara o H&M e ai loro prezzi stracciati può sembrare una tragedia. Dove troverò i vestiti? La risposta potrebbe essere più banale di quello che credi: nel tuo armadio. Sai che in media una persona indossa solo il 30% di ciò che ha nell’armadio? Riesamina ciò che hai, fai una selezione accurata dei vestiti che ami indossare e chiediti cosa ti serve davvero. Se ti rendi conto di aver bisogno di una giacca hai mille modi per acquistarla in modo sostenibile ed economico.

Cerca prima di tutto nei negozi dell’usato, ormai ogni città ne ha almeno un paio. Se ne hai la possibilità partecipa ad uno swap party (se non sai di cosa si tratta, dai un’occhiata a questo articolo). Se proprio non trovi quello che cerchi puoi dare un’occhiata su delle app che vendono abiti usati come depop o armadio verde. E infine se anche qui non hai trovato niente valuta l’opzione di comprarne una nuova, punta sulla qualità e quel capo durerà per anni invece che solo un paio di stagioni. L’importante è comunque non comprare solo perchè qualcosa ci piace in quel momento, o peggio, perchè è superscontata. Acquista in maniera consapevole, questo fa già tutta la differenza.

Pensi che questi consigli ti siano stati utili? Quali sono i cambiamenti che vuoi fare per adottare uno stile di vita più sostenibile?

Perchè non mi definisco minimalista

Chi è un minimalista? In cosa si differenzia una persona minimalista da una che non lo è? Ci si può davvero definire minimalista solo quando tutti i propri averi entrano in una valigia?

Dare una vera risposta a queste domande è quasi impossibile. Coloro che si avvicinano al concetto di minimalismo lo fanno per ragioni molto diverse e possono scegliere di cambiare completamente la propria vita da un giorno all’altro (livello San Francesco, per intenderci) oppure possono decidere di apportare piccoli cambiamenti che hanno un impatto su un periodo più lungo.

Se dovessi darvi la mia definizione di minimalismo sarebbe questa: “scegliere di portare nella propria vita solo ciò di cui si ha davvero bisogno”. Ora, questa definizione sottointende una domanda fondamentale: sai di cosa hai bisogno? Per me è questo il vero centro del concetto di minimalismo. E capirlo non è uno scherzo, anzi, richiede un sacco di pratica.

I motivi principali per cui non ci è chiaro ciò di cui abbiamo davvero bisogno sono due:

  1. La vocina che quando stiamo per liberarci di un oggetto ci dice “tienilo, potrebbe sempre servire” anche se era in un cassetto che non apriamo mai e ci eravamo dimenticati perfino di averlo. Per rispondere alla vocina e risolvere questo dilemma gli autori del libro “the minimalist” suggeriscono un ottimo metodo: l’hai usato negli ultimi 90 giorni? Pensi che lo userai nei prossimi 90 giorni? Se la risposta è no puoi disfarti di quell’oggetto.
  2. La pubblicità: è studiata per convincerci di aver bisogno di qualsiasi cosa, ma molto spesso fa appello alle nostre insicurezze, inducendoci a pensare che un oggetto nuovo o più costoso ci renderà più apprezzati socialmente o modificherà il modo in cui gli altri ci percepiscono o ci renderà la vita più facile (tipo i frullatori che hanno mille funzioni ma alla fine non li usi perchè non vuoi mai lavarli).

Scegli di portare nella tua vita solo ciò di cui hai davvero bisogno

Per quanto mi riguarda il minimalismo è solo l’opposto del consumismo eccessivo. È esercitarsi a comprare un oggetto non perchè costa poco, o voglio farmi un regalino, o voglio dimostrare agli altri di potermelo permettere, ma piuttosto perchè quel oggetto aggiunge davvero valore alla nostra vita.

Non mi definisco minimalista perchè non penso che ci sia una definizione univoca. Puoi esserlo abitando in una tiny house, in una villa enorme, oppure in un appartamentino di periferia. Puoi esserlo se scegli di avere solo vestiti che ti piacciono moltissimo e che useresti ogni giorno, ma anche se ami i libri e hai una libreria pienissima. L’importante è che tu scelga di semplificare la tua vita, avendo attorno a te solo ciò di cui hai davvero bisogno.

Come viaggiare (quasi) gratis e scoprire il mondo

Mi è sempre piaciuto viaggiare, scoprire posti nuovi, imparare le lingue e vagare per città sconosciute. Ho avuto la fortuna di viaggiare parecchio grazie alla mia famiglia e le esperienze che ho fatto hanno contribuito al mio profondo amore per la scoperta. Crescendo il mio concetto di viaggio si è evoluto, sono andata a trovare amici in giro per il mondo, sono partita per vedere un concerto del mio cantante preferito a Londra, sono andata ad Ibiza quando tutte le discoteche erano chiuse e c’erano solo vento e natura.

Facendo la volontaria in un’associazione di scambi internazionali i miei orizzonti si sono aperti ancora di più, ho sentito le storie di tantissimi ragazzi e ragazze partiti per stare via un anno in destinazioni incredibili all’età di 16 anni. Il loro coraggio mi ha ispirata ma purtroppo ero fuori tempo massimo per partire con lo stesso programma. Però DOVEVO trovare un modo. È stato così che ho sentito parlare per la prima volta di una piattaforma chiamata WORKAWAY.

Che cos’è workaway?

È una piattaforma sulla quale privati che hanno bisogno di aiuto per le mansioni più disparate in ogni parte del mondo ricercano volontari che vogliono viaggiare in maniera economica e non convenzionale. In pratica tu offri 5 ore di lavoro al giorno e loro ti assicurano un letto dove dormire e almeno due pasti, tutto ciò che devi pagare sono gli spostamenti necessari per arrivare sul posto. La cosa più incredibile è che ci sono lavori di tutti i tipi: da insegnante di inglese a giardiniere, da pittore a pet sitter. Hai sempre sognato di vedere un elefante? Vai in Thailandia a dare una mano in una riserva naturale! Vuoi prendere parte ad un progetto sostenibile? In quasi tutti i Paesi disponibili cercano volontari nel campo della permacultura, della biodiversità e dell’autocostruzione! Vuoi vivere nel pieno centro di una città e conoscere gente da tutto il mondo? Fai il/la receptionist in un ostello!

Insomma, ci sono tantissime opzioni possibili. Ovviamente è un tipo di viaggio che non fa per tutti, devi essere pronto a lavorare, a collaborare e condividere l’esperienza con altri volontari, ad adattarti se le cose non vanno esattamente come avevi previsto. Però posso garantirti che è un’esperienza incredibile! Cosa aspetti? Iscriviti subitissimo a workaway tramite questo link!

Oppure dai un’occhiata ad altre piattaforme simili come www.worldpackers.com e www.wwoof.net

Vuoi scoprire qualcosa in più sulla mia esperienza di un mese in Malesia tramite workaway? Dai un’occhiata a questo link!