Cominciamo con una definizione : “Greenwashing è un neologismo indicante la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.” (Wikipedia)
Al giorno d’oggi i consumatori sono sempre più attenti all’ambiente e capita molto spesso che le aziende vogliano sfruttare questa crescente coscienza ambientale per vendere dei prodotti che possano essere considerati “green”. Purtroppo molte persone non vanno oltre l’etichetta, si fidano del marchio e acquistano questi prodotti, magari anche ad un prezzo più alto del normale, perchè questo li fa sentire a posto con la loro coscienza.
La sostenibilità però è un argomento molto complesso. Un prodotto può essere fatto con materiali del tutto naturali ma essere stato confezionato da lavoratori sottopagati. Oppure può essere stato fatto in Italia, da un’azienda che rispetta i lavoratori, ma essere fatto con materiali tossici che vengono rilasciati nell’ambiente. Può essere un prodotto per il corpo pieno di petrolati, ma venduto privo di packaging plastico.
Proprio a causa di tutte queste variabili è difficile essere certi che un’azienda stia facendo davvero una operazione di greenwashing, e bisogna evitare di formulare accuse senza essere certi di ciò che si dice. Infatti se pensiamo alle operazioni di marketing in generale, è normale che di un prodotto, qualunque esso sia, vengano enfatizzati gli aspetti positivi, come la sua efficacia o la ricerca di materiali naturali o la produzione locale.
Il marketing, però, può essere ingannevole o parziale e per questo sta al consumatore saper discernere quali prodotti siano davvero sostenibili e quali non lo sono affatto o solo in parte.
Se dovessi dire cosa rende un prodotto davvero sostenibile direi che quando acquisto qualsiasi cosa mi pongo diverse domande:
- Da dove proviene il prodotto?
- Quali sono le condizioni di vita dei lavoratori che lo hanno confezionato?
- Quanta strada ha percorso per arrivare su questo scaffale?
- Di che materiale è fatto?
- Contiene componenti tossiche o inquinanti?
- Potrò usarlo per molto tempo?
- Potrò disfarmene senza arrecare un danno all’imbiente?
Tutti questi aspetti, secondo me, concorrono a definire un prodotto sostenibile quindi quando vediamo un prodotto venduto come “green” / “ecosostenibile” / “conscious” / “biologico” non fermiamoci alla semplice etichetta. Cerchiamo di porci tutte queste domande e di avere uno sguardo critico perchè essere consumatori attenti significa pretendere standard più alti per ogni prodotto.
Ti è mai capitato di essere vittima di greenwashing? O di sentirti truffat* perchè un prodotto che ritenevi sostenibile si è rivelato tutt’altro che green?
Per approfondire questa tematica di consiglio due articoli:
https://www.researchgate.net/publication/305438010_A_Critical_Analysis_of_Greenwashing_Claims